VALERIO DEHO’
“Ivo Stazio: Motivi per dipingere “
“Si parla molto di astrazione a proposito della pittura contemporanea. Non so come facciano i critici a decidere dove inizia e finisce in un’opera d’arte”
André Masson
Vi è una sottile relazione tra segno, paesaggio e materia nell’opera di Ivo Stazio che costituisce una costante poetica che ha un’eco immediata. Affiora una struttura silenziosa e lirica che crea un felice equilibrio: una sorta di dinamica interna che arricchisce lo sguardo di attese emotive, di ulteriori possibilità . La tecnica dello spatolato inoltre conferisce un rilevo importante ai suoi quadri, perché tutta sembra trasudare luce. In effetti, anche il suo astrattismo lirico, resta imbrigliato nelle percezioni dell’artista raccolte nella sua vita di tutti i giorni. I suoi soggetti fanno parte interamente della sua esistenza, ma nello stesso tempo perdono, attraverso la pittura, quella referenzialità che li vincolerebbe all’esistenza, all’occasionalità. Si può esattamente dire che i suoi non sono “soggetti”, ma “motivi”, alla maniera degli Impressionisti. Si tratta in altri termini di spunti per far rivelare la pittura che si nasconde dentro le cose, lungo le strade, negli orizzonti ampi dei campi. Stazio organizza visivamente queste occasioni, questi “motivi”, non dandogli apparentemente eccessivo rilievo, ma facendoli invece risaltare proprio celandoli sotto la spessa superficie pittorica. Si tratta di considerare, in modo maturo e consapevole, che la pittura è già di per sé il soggetto di se stessa e che in effetti ogni figurabilità possiede i limiti del riferimento e di un’emotività legata alla memoria personale. Certamente con questi ultimi lavori il focus della sua espressività è riuscito a dar emergenza ad uno stato di pluralità della materia che è concrezione di esperienze, apertura verso strati pittorici da cui traspaiono memorie segniche, una sorta di dialettica temporale in cui trova posto la sua decennale esperienza della pittura.
Per questo l’ opposizione tra figurazione e astrazione non si pone. Non solo perché la sua pittura possiede ampie memorie che affondano nella pittura bolognese da Ilario Rossi o Pompilio Mandelli, ma perché quando l’espressione tende più decisamente verso l’ astrazione, in fondo si entra come referenzialità nella storia dell’arte contemporanea nel campo di alcuni veneti come Santomaso, che proprio avevano inteso la pittura come valore autonomo e riconoscibile al di là di ogni sua attribuzione ad un genere piuttosto che ad un altro. Da questi artisti Ivo Stazio ha saputo prendere la sensibilità coloristica, la capacità e l’eleganza di lasciare al colore il compito costruttivo della composizione. Il resto non conta, si tratta di pittura pura e basta. Ma questa semplicità è così convincente da occultare la verità contenuta nella frase: Il semplice discende dal complesso. Tutta la sua opera è disseminata di segni visuali ( di veri e propri vettori) che conducono la lettura verso epifanie e zone d’ombra , stimolazioni visive e sensazioni tattili . La ricercata stesura dei piani, l’intensa progettualità unita alla sensibilità di cogliere i suggerimenti del caso, sono suggestioni , procedimenti che trovano ampia espressione sulla tela. Nascondere per rappresentare, suggerire per affermare, risvegliare il senso del tatto per acuire lo sguardo. In questa polarità percettiva s’ insinua il piacere visivo dell’opera .
Ed in particolare si apprezzano molto nel suo lavoro gli effetti luminosi, la ricercatezza nel predisporre una tavolozza adeguata opera per opera oppure la sensazione di una superficie pittorica che si fa articolazione visiva di piani e d’intersezioni. Stazio crea geometrie di puro colore. Colori caldi, pieni che conferiscono ai lavori una carica emozionale che vibra con la luce radente, il segreto della sua profondità cromatica consiste nella dislocazione delle superfici interne, negli accostamenti che sanno superare ogni complementarietà, ma anche nel tempo esteso di lavoro, nella lenteur ,nella possibilità di riflessione che tutta la pittura richiede per raggiungere la qualità. Questa componente meditativa si esalta laddove l’artista rappresenta l’acqua, e i giochi che la luce vi intrattiene. Ancora un riferimento all’universo impressionista, ma in Stazio si tratta solo di un’ inevitabile ascendenza, in effetti in questi quadri il pensiero associativo si sposta verso Schifano e certe sue soluzioni gestuali in cui i segni tracciano delle parabole ricorsive.
La pittura di Ivo Stazio dà quindi per risolto il problema della rappresentazione, perché ogni paesaggio esterno è qualcosa che ci portiamo dentro, ogni forma, come la cupola di una chiesa, porta in sé lo stupore, ma anche la permanenza. La pittura sa far tesoro di tutto questo, e la sua è una pittura sempre in movimento perché la tensione scende o sale in punti distinti, lo sguardo è invitato ad una sorta d’ erranza lungo la superficie. E’ come se le emozioni originarie si riuscissero definitivamente a materializzare. Per questo trovano una forma, che è quella che l’artista sa creare per loro, attraverso un percorso costruttivo che sa determinare un motivo per esistere, nella pittura e con essa.